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Critiche e Commenti

… Suzzani dipinge con naturale eleganza, non solo ciò che vede ma ciò che sente: gli odori e il tepore dell’interno del suo studio e le atmosfere di un pomeriggio di primo autunno. Allo stesso modo egli trasmette il freddo di una giornata d’inverno a Pizzighettone, osservando la desolazione delle strade…

Vittorio Sgarbi, 2006

… abbiamo parlato dei valori primari del paese che ci porterebbero a confronti, assonanze con altri artisti padani ben noti, come Giuseppe Novello o Gianfranco Manara o Renato Vernizzi. E alla maestria di questi pittori ci riporta Enrico Suzzani.…
Con la sua innegabile personalit{ Suzzani ha raccolto l’intimismo di Manara, la suggestione serotina di un giardino nascosto, illuminato dal rosso di un fiore, il viola appassito di un mazzetto che intenerisce un interno estivo, la letizia di una finestra che si apre sulle piante ingiallite di un viale. E’ una visione del mondo tutta piccola, di sapore gozzaniano, in cui si ritrova tanta pittura lombarda, un reale a portata di mano, intenerito da una lunga consuetudine pittorica sulla quale si potrebbe stendere un saggio…

Raffaele De Grada da “Realtà e realismi nella pittura lodigiana”

 

La luce maestra di Carlo Adelio Galimberti


La luce che governa i dipinti di Suzzani è la fonte cui l’artista si rivolge per assorbirne i munifici e seducenti doni della forma e del colore.
La si trova quale protagonista smagliante nei “controluce” delle finestre spalancate, la si riconosce quale persuasiva modellatrice delle forme e dello spazio, con l’introdursi sinuoso da aperture laterali nella composizione di interni con oggetti, ed infine nel suo manifestarsi imponente sopra i bassi orizzonti dei paesaggi.
Suzzani dipinge con assoluta fedelt{ al dato luminoso che assume quale regista dell’opera: se aveste la fortuna di visitare il suo studio, trovereste più di un opera che vi parrebbe interrotta. Chiedetegliene il motivo e l’artista vi risponder{ che sta aspettando che il dato luminoso, colto all’inizio del lavoro, si riproponga. Sta aspettando che quella luce che entra di lato nelle “nature morte” rimodelli l’ambiente che accoglie gli oggetti, stendendosi radente sulla parete che fa da sfondo alla scena su cui recitano da protagonisti i fiori e gli oggetti, con quella lama lucente che spesso scorre sugli steli dei fiori stesi di traverso quasi a illuminare la scena e a definirne sicuro lo spazio. Ed è la medesima luce che avvolge e dilaga nei suoi dipinti di paesaggio, che l’artista costruisce sur le motif , non solo per disporre della sorgente autentica dei suoi temi paesaggistici, ma per una sorta di atteggiamento morale nei confronti della verit{ dell’immagine, che solo chi dipinge “dentro” la natura sa sentire e cogliere. Spezzato il diaframma della superficie tra l’artista e la natura ecco l’immersione dell’opera nelle vibrazioni più profonde che l’ambiente amorosamente sollecitato finalmente rivela: Suzzani ci restituisce così l’infinita variet{ tonale dei verdi delle campagne, il multiforme sfrangiarsi dei bianchi della neve, il cromatico proporsi delle ombre che spesso entrano nel dipinto senza l’indicazione dell’oggetto che le genera, quasi a costituire una sorta di quinta nella scena di quel teatro di passione in cui recita protagonista la maestria della sua pittura.

 

Il segreto della forma di Vittorio Sgarbi


Ho provato stupore e ammirazione vedendo, in occasione della mostra nelle sale espositive della Banca Popolare Italiana, i dipinti di Enrico Suzzani. Ignoto a me fino a quel momento, Suzzani è un artista autentico, dotato di gusto, istinto della composizione e buona mano. Tutto ciò che era richiesto a un pittore, prima che uno sconvolgimento dei fondamenti della pittura stabilisse nuove regole, infondendo terrore in chi avesse osato conservare mestiere e tradizione. Per Suzzani non deve essere stato difficile, essendo stato allievo all’Accademia di Brera di Gianfranco Manara, avendo frequentato un formidabile illustratore come Giuseppe Novello e, a Urbino, compreso la descrizione di un grande incisore come Renato Bruscaglia. Ci vogliono coraggio e moralit{ per non farsi intimidire e dipingere un vaso di fiori o un paesaggio così come lo si vede e soprattutto lo si sente. Questa misura, questa semplicit{, riscontrabili nelle opere, sono così rare da lasciare increduli, suggerendoci che è ancora possibile porsi con uno sguardo innocente davanti alla natura e vedere un campo di papaveri, con il profilo del borgo di Montrichard. Suzzani dipinge con naturale eleganza, non solo ciò che vede ma ciò che sente: gli odori e il tepore dell’interno del suo studio e le atmosfere di un pomeriggio di primo autunno. Allo stesso modo egli trasmette il freddo di una giornata d’inverno a Pizzighettone, osservando la desolazione delle strade ghiacciate. Non diversamente la sua mano felice registra il passaggio di condizioni atmosferiche, e il cielo aperto al ritorno del sereno. E anche quando dalle brume padane egli si abbandona alla luce abbagliante, nelle piazze deserte di Lipari in estate, la sua pittura è vibrante e sensibile a registrare umori e variazioni luminose. La lezione degli impressionisti sembra assecondare un istinto naturale, una seducente mitezza nell’osservare il mondo, senza effetti speciali o abusi di stile. Solo raramente qualche macchiaiolo italiano ha dato prova di una misura ed equilibrio tali nel taglio della visione. Per i bei vasi di fiori dipinti senza ostentazione, con assoluta semplicit{, il riferimento sembra essere Fantin Latour, mentre un dipinto come Primizie restituisce l’emozione e il candore delle prime prove di Franco Gentilini. Benché, arrivando alla fine della lunga corsa della pittura, Suzzani si esprime con una naturalezza che coincide con la verit{ di un’esistenza semplice, senza artificio: e quasi senza precedenti dichiarati. Niente è più difficile che essere semplici. E Suzzani conosce il segreto di questa condizione, sapientemente limitandosi a una pittura delle piccole cose.